Il Fattore Umano

Un Palco per Due

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Durante il 2015 l’Associazione Djanet è stata impegnata con il progetto Un palco per due, finanziato da Compagnia di San Paolo nell’ambito del bando Scene allo sBando.
Il progetto si è concluso con la messa in scena dello spettacolo “Il Fattore Umano” il 7 giugno 2015.

Il lavoro di costruzione dello spettacolo è risultato più complesso di quanto previsto in quanto non solo gli artisti sono stati protagonisti della scrittura della performance ma anche gli artigiani hanno contribuito in maniera attiva alla stesura dei soggetti; inoltre il lavoro è stato portato avanti collettivamente coinvolgendo tutte le figure professionali partecipanti (tecnici luci e video, oltre naturalmente alla regia): il percorso che ne è scaturito è stato decisamente stimolante portando a risultati interessanti e inaspettati.

Da questo percorso si è espresso con maggior forza il risultato finale, che è stato proposto (e vissuto dagli spettatori) come uno spettacolo unico e organico, non semplice somma di quattro performances, in cui anche i momenti di passaggio del pubblico da un palco all’altro sono stati drammatizzati e inclusi nella sceneggiatura.

Tema dello spettacolo è stato la contrapposizione tra mondo industriale e mondo artigianale: da un lato la ripetitività, la standardizzazione, la non accettazione dell’errore, dall’altro il tempo dilatato, la conoscenza acquisita negli anni, la cura verso il singolo oggetto, la bellezza nell’unicità di ogni creazione, ognuna differente dall’altra.

Filo conduttore tra le varie performances è stata la tensione interna a ogni artigiano e artisti tra l’atto creativo e la ripetizione. Se la creatività porta alle caratteristiche sopra elencate che definiscono il processo artigianale, esistono anche atti ripetuti necessari ad artigiani e artisti. Il processo industriale ha portato, grazie all’invenzione della catena di montaggio, alla produzione di milioni di oggetti assemblati dai costanti movimenti di macchine (o esseri umani) ripetuti all’infinito. Allo stesso modo anche la produzione artigianale è caratterizzata dalla ripetizione: è necessario ripetere le stesse azioni per anni al fine di imparare a gestire nel modo giusto la materia, per assumere sempre più sicurezza e conoscenza nel proprio lavoro, per trovare la giusta forma, la giusta nota.

Ripetizione dunque, ma non ripetitività. Lo stesso gesto compiuto migliaia di volte non porta alla produzione in grande scala, ma a pochi esemplari, sempre diversi l’uno dall’altro. Il fattore umano che sta dietro questa ripetizione riporta alla rottura tra i due mondi, scaturendo in un aspetto diverso per ogni performance.

Gli artisti sono riusciti a sottolineare questi aspetti, mostrando al pubblico la profonda artisticità non delle opere artigianali, ma della loro lavorazione.

Il luogo stesso di svolgimento dello spettacolo ha espresso questa opposizione: un ex capannone industriale risorto come tanti piccoli laboratori, all’interno del quale si sono mossi gli spettatori.

La scelta della location (Hub Cecchi Point) si è rilevata particolarmente adeguata e coerente con gli obiettivi del progetto, nello stesso luogo, nella settimana antecedente allo spettacolo, si è creata una sorta di “residenzialità” di artisti e artigiani all’interno dell’Hub: questo ha permesso non solo l’individuazione delle migliori soluzioni per l’allestimento dello spettacolo tra artisti, artigiani, regista e tecnici, ma ha anche incuriosito e attratto gli abituali frequentatori del centro (residenti del quartiere e non) rispetto allo spettacolo in formazione.

L’utilizzo ulteriore di suoni e video è stato fondamentale per raggiungere questi risultati.

Le performances

  1. Josean (soffiatore di vetro) – Simone (sassofonista): la performance si è aperta con suoni e immagini di produzione industriale proiettate all’interno del laboratorio. Il commento musicale ha calcato la ripetitività di queste immagini fino all’entrata in scena di Josean, l’accensione del forno e la lavorazione del vetro incandescente. Aspetto specifico della performance è stato il tempo: il tempo scandito, ripetitivo e veloce della fabbrica da un lato; il tempo del soffiatore, costretto a movimenti ripetuti e anch’essi veloci al fine di non far raffreddare o perdere forma al proprio oggetto. L’atto creativo tuttavia prende il sopravvento, attraverso un tempo che comunque si fa incostante, che segue la materia e la interpreta. La musica (che da solo ritmo si trasforma in melodia) di tanto in tanto reintroduce elementi di produzione industriale riportando lo spettatore al tempo della fabbrica, aumentando il senso di contrasto tra le due produzioni. Il tempo è anche quello che si dilata: l’oggetto finito non potrà essere visto, poiché necessita di ore per raffreddarsi, lasciando un senso di sospensione e incompiutezza nello spettatore.

  1. Francesco (falegname) – Eleonora (danzatrice): il lavoro del falegname si è incentrato sulla preparazione di un pezzo di legno attraverso varie fasi (piallatura, rifinitura, levigatura) che porta a una lavorazione che esprime la profonda conoscenza della propria materia: la piegatura del legno. Proprio la tematica della trasformazione della materia ha caratterizzato questa performace. Attraverso un particolare processo legato al vapore il rigido pezzo di legno assume nuova forma, un’onda, che viene in seguito assemblato in un oggetto già presente sul palco. La danzatrice in questo caso interpreta la materia stessa, l’essere albero, l’essere rigido pezzo di legno che si piega grazie ai movimenti costanti e ripetuti del falegname.

  2. Irene (ceramista) – Claudio (attore): la performance si apre con un monologo di Claudio. Essendo l’unica fase verbale dello spettacolo è stata collocata al centro, in modo da suggerire con un testo le possibilità interpretative dell’intero spettacolo. Attraverso brevi accenni ripercorre ciò che lo spettatore ha già visto (il soffiatore e il falegname). In questa fase l’artigiana è in secondo piano, prepara la terra alla lavorazione. Con l’avvicinamento dell’attore al tornio, Irene prende il primo piano sul palco, e l’attore comincia a interagire direttamente con la sua artigiana. In questo caso la tematica specifica della performance è stata la cura per ogni singolo oggetto, cura quasi maniacale, fatta di gesti fissi, costanti, ipnotici dove l’equilibrio tra il vortice del tornio e la pressione con cui l’artigiana manipola la terra devono trovare il giusto centro, il perenne equilibrio. A conclusione del suo lavoro Irene ferma il tornio e si lava le mani: elemento centrale nei video di tutte le performance ma che nel suo caso ben rappresenta il lavoro, la dedizione, la passione degli artigiani, mentre Claudio si sposta, indirizzando il pubblico all’ultima performance. In questa fase il monologo ritorna a considerazioni generali, su lavoro artigianale e lavoro industriale, per poi dare delle anticipazioni su quello che viene rappresentato nell’ultima performance.

  3. Daniel (creatore di gioielli) – Luca (giocoliere): come anticipato da Claudio, questa performance tratta il tema della fantasia creativa dell’artigiano, dell’idea che prende forma, in questo caso la rappresentazione di un uccello sopra uno dei suoi monili. Mentre Daniel prepara il materiale su cui inciderà l’immagine, Luca disegnerà per terra con il fuoco. Inizialmente saranno linee astratte, la fantasia che prende corpo nella mente dell’artigiano, per poi assumere forma di uccello. Forma che sarà tuttavia sfuggente, perchè il fuoco disegnerà forme che svaniranno nel momento stesso in cui saranno tracciate. La visione prenderà forma nel momento in cui Daniel inciderà nel metallo la sagoma dell’uccello. Una volta presa la forma questa sarà modificata col saldatore, il martello e altri strumenti. In questa fase l’artista non traccerà più disegni, ma simboleggerà con corde infuocate il volo dell’uccello, che si trasforma sotto il martello dell’artigiano. Nella fase finale l’incisione viene incastonata in altri pezzi di metallo che porteranno (per la prima volta) l’oggetto a compimento. Una danza col fuoco andrà a simboleggiare e interpretare le varie fasi dell’assemblaggio. L’artigiano, che ha dato le spalle al pubblico per l’intera performance, si girerà, posando sul tavolo la sua creazione.

La resa dello spettacolo è stata sicuramente positiva, l’interazione e la capacità di reciproca ispirazione tra artisti è artigiani è stata superiore alle aspettative: il margine di improvvisazione degli artisti (e degli artigiani, considerata la creazione di oggetti con risultati di volta in volta diversi) ha fatto si che le tre repliche risultassero ognuna con elementi interessanti diversi.

Gallerie fotografiche

Il Fattore Umano

 

Il tempo

 

La materia

 

La cura

 

L’ispirazione